A un certo punto quest’estate mi sono trovata a pulire dei totani appena pescati, su una barca al largo della costa abruzzese. Pulire in alcuni casi comportava estrarre frammenti di plastica conficcati nei loro corpi in modi sempre nuovi. Tra le tante immagini della catastrofe ambientale che abbiamo imbastito con cura negli ultimi 50 anni è questa a cui penso mentre ascolto e leggo le dichiarazioni di vari industriali delle acque minerali, che decantano quanto il loro settore sia virtuoso dal punto di vista ambientale, un esempio di economia circolare; e che una tassa sugli imballaggi di plastica sarebbe dannosa per l’economia italiana e per i consumatori.In Italia usiamo tra i 7,2 e gli 8,4 miliardi di bottiglie di plastica all’anno; l’80% dell’acqua imbottigliata viene trasportata su gomma. Più del 90% delle plastiche prodotte sono “vergini” cioè prodotte da materie prime fossili. Persino il PET (che resta ad oggi la migliore alternativa) viene riciclato solo in parte.
Mi aiuto a diventare più moderata ascoltando Stefano Ciafani, Presidente nazionale di Legambiente, che sottolinea che la “plastic tax” sia necessaria ma – a differenza di come è pensata adesso – debba essere diversificata in base al tipo di plastica: quella irriciclabile e monouso merita una tassazione diversa da quella riciclata. Nel frattempo, i numeri dell’ultimo dossier sulle acque in bottiglia di Legambiente-Altreconomia ci dicono che in Italia usiamo tra i 7,2 e gli 8,4 miliardi di bottiglie di plastica all’anno; l’80% dell’acqua imbottigliata viene trasportata su gomma. Più del 90% delle plastiche prodotte sono “vergini” cioè prodotte da materie prime fossili. Persino il tanto glorificato PET (che resta ad oggi la migliore alternativa) viene riciclato solo in parte.La “plastic tax” è necessaria ma deve essere diversificata in base al tipo di plastica: quella irriciclabile e monouso merita una tassazione diversa da quella riciclata
Parlo di questo con Luca Martinelli, giornalista e autore di “Imbrocchiamola!” e “L’acqua (non) è una merce”, che mi spiega come la fortuna dell’acqua minerale si regga su due paradossi. “Primo paradosso: alla base dell’industria dell’acqua minerale ci sono i canoni di concessione che le aziende pagano alle Regioni per poter imbottigliare l'acqua di una determinata sorgente. Questi canoni raggiungono al massimo i 2 euro per metro cubo d'acqua, cioè appena 0,002 euro al litro: una cifra irrisoria se paragonata al prezzo di mercato di qualsiasi bottiglia d’acqua. E irrisoria se paragonata a quanto incide il costo delle materie prime negli altri settori, prendi ad esempio quello agroalimentare. Quando paghiamo una bottiglia d’acqua stiamo pagando altre cose: la plastica dell'imballaggio, la logistica che muove anche per mille chilometri le bottiglie, la pubblicità che è servita a costruire il mito dell’acqua minerale; tutte cose che alimentano un business che sta tutto nell’alveo del superfluo.”Alla base dell’industria dell’acqua minerale ci sono i canoni di concessione che le aziende pagano alle Regioni per poter imbottigliare l'acqua di una determinata sorgente. Questi canoni raggiungono al massimo i 2 euro per metro cubo d'acqua, cioè appena 0,002 euro al litro
“Secondo paradosso: l’Italia è seconda nella classifica mondiale di chi consuma più acqua in bottiglia (circa 208 litri a persona all’anno), quando nel nostro paese la quasi totalità delle persone - almeno il 95% - ha accesso all’acqua potabile della rete acquedottistica, cioè un’acqua di ottima qualità che tra l'altro arriva a casa ad un costo molto inferiore rispetto a quello delle acque minerali (e attenzione: il costo non si paga per l’acqua in sé, ma per il servizio d'acquedotto che ci porta l'acqua in casa, e per le fognature e gli impianti di depurazione, si chiama servizio idrico integrato). Ci sono molte situazioni, tra cui Milano e Roma, dove l’acqua del rubinetto è di altissima qualità. All’inverso ci sono alcune acque minerali i cui parametri non le renderebbero idonee per essere distribuite nelle reti acquedottistiche come acque potabili.”L’Italia è seconda nella classifica mondiale di chi consuma più acqua in bottiglia (circa 208 litri a persona all’anno), quando nel nostro paese la quasi totalità delle persone - almeno il 95% - ha accesso all’acqua potabile.
Quanto alla ristorazione: a occhio, più il ristorante sale di livello, più la plastica viene sostituita dal vetro, ma ad esempio non ricordo di aver mai visto una brocca di acqua sfusa in un ristorante stellato. Questo perché, al di là degli accordi di collaborazione che spesso esistono tra stellati e grandi aziende delle acque minerali, ho la sensazione che l’acqua in brocca venga (erroneamente) associata a un servizio peggiore.Ci sentivamo obbligati a tenere al ristorante le bottigliette di plastica, poi non ce l’ho fatta più, perché contraddiceva un nostro principio, cioè il dovere di educare i clienti a un consumo sostenibile.
E a proposito di borraccia. Comprarsi una borraccia è una delle cose più sostenibili che possiamo fare. Non a caso è una delle azioni promosse dalla campagna #stopacquainbottiglia, lanciata dal Water Grabbing Osservatory, che ci ricorda anche quanto le nostre abitudini quotidiane siano legate ai grandi temi economici e politici, come l’accaparramento delle risorse idriche.Consumare acqua minerale in plastica deve diventare un’eccezione, un caso estremo quando hai molta sete e nessuna alternativa