FYI.

This story is over 5 years old.

arte

Al Meta.Morf 2014 l'arte nasce dagli algoritmi

Arte e tecnologia agiscono in maniera indipendente dall'uomo alla biennale norvegese Meta.Morf.

Il cambiamento è il tema del Metamorf 2014: Lost in Transition, una biennale di arte e tecnologia organizzata dal curatore e artista Espen Gangvik a Trondheim, in Norvegia. Oltre a portatili, servomeccanismi, transistor e chilometri di cavi, gli artisti utilizzano algoritmi e sistemi generativi naturali per creare le proprie proiezioni, installazioni, apparecchiature e, quindi, per analizzare il cambiamento. Tutto ciò va nella direzione opposta al modo in cui solitamente fa notizia la tecnologia: gli avidi algoritmi di Wall Street e le interferenze dell'uomo con il clima. La mostra offre nuovi spunti per immaginare e reinterpretare la tecnologia, le città e la comprensione sia dei processi naturali che di quelli creati dall'uomo.

Pubblicità

Il denominatore comune è l'algoritmo—cioè le operazioni matematiche che i computer usano per prendere delle decisioni. Gli algoritmi sono parte di ciò che sta alla base di alcuni recenti collassi finanziari e sono anche il modo in cui entità come Google, Amazon e Netflix ci spingono (alcuni direbbero manipolano) verso le offerte culturali che, per certi versi, ci rendono ciò che siamo.

Uno spirito guida dell'evento è quello di John Cage, il compositore americano degli anni Cinquanta che usava il caso—un lancio di I Ching—per comporre le sue musiche. La sua composizione più famosa è 4' 33", quattro minuti e trentatré secondi di silenzio con colpi di tosse, sedie che cigolano e altri suoni casuali—le fantastiche melodie della vita di tutti i giorni.

Ho passato tre giorni a Trondheim per presentare alcune mie fotografie alla biennale, e questo è un resoconto, assolutamente non completo, di ciò che era presente alla mostra. La prima sezione è dedicata agli artisti che usano algoritmi, spesso per catturare il flusso della vita. La seconda sezione comprende gli artisti che usano o simulano processi naturali per esaminare il cambiamento—e che a volte raccolgono dati proprio da Trondheim per comporre le proprie opere—mentre la terza è composta da lavori che non ho saputo categorizzare ma che hanno un fascino visivo molto immediato.

Arte Algoritmica

The Emergent City di STANZA

L'installazione The Emergent City dell'artista britannico STANZA consiste in una città in miniatura posizionata sul pavimento dello spazio espositivo al Centro di Arte Contemporanea di Trondheim. Tutto ciò che compone la città—mini edifici, circuiti stampati, etc.—è legato a vari sensori che monitorano i dati ambientali intorno a Trondheim. I dati dei sensori, che STANZA ha collocato nelle tranquille vie di Trondheim, arrivano alla città in miniatura, dandole vita: questa si riempie di suoni, luci e rumori di piccoli motori che entrano in funzione.

Pubblicità

L'installazione è divertente, ma è anche molto di più. Come spiega STANZA, "La città è tutto, è ovunque, senza limiti. È un virus sulla pelle, che si espande in larghezza, in altezza e in profondità. Non c'è bisogno di dare dei limiti alla città…la città è passata dall'essere metropoli a megalopoli, a ecumenopoli. La città è ovunque." La sua opera usa alcuni dei dati impiegati ogni giorno da spie, forze dell'ordine e società commerciali che ci controllano costantemente. Però The Emerging City vuole comunicare che la città e la connessione con gli abitanti possono essere fonte di gioia, sempre che le si ascolti e si permette loro di esistere invece che controllarle e sorvegliarle perennemente.

Corpora in Si(gh)te di doubleNegatives Architecture

Con questo progetto, il collettivo di architetti provenienti da Giappone, Svizzera e Ungheria doubleNegatives Architecture (dNA) chiede all'area intorno a un edificio di progettarlo. Per la loro opera al Museo d'Arte di Trondheim Gråmølna, dal titolo Corpora in Si(gh)te, il collettivo ha installato dei sensori in cima al museo in grado di monitorare il clima e altre informazioni ambientali. Partendo dai dati raccolti, un algoritmo progetta la forma dell'edificio, e il risultato sono dati e diagrammi luccicanti e in perenne mutamento proiettati sulle pareti del museo. L'idea è quella di scavalcare l'ego dell'architetto e dare voce all'ambiente stesso.

Pubblicità

Digital Grotesque di Michael Hansmeyer e Benjamin Dillenburger 

Al Gråmølna gli architetti e programmatori svizzeri Michael Hansmeyer e Benjamin Dillenburger hanno esposto Digital Grotesque, ovvero spazi stampati in 3D, anch'essi progettati da un algoritmo. Il team ha scritto algoritmi che, secondo i due artisti, si comportano in modo imprevedibile e dividono e suddividono gli spazi.

Quello che ho visto a Trondheim era di una delicatezza così celestiale e allo stesso tempo così solido e misterioso che poteva essere tanto l'opera di un tempo molto lontano quanto del presente. L'opera è involuta e simile a una grotta, come suggerisce il suo titolo, che deriva dalla parola grotto.

Exploded Views 2.0 di Marnix de Nijs

Exploded Views 2.0, la proiezione di Marnix de Nijs esposta anch'essa al Gråmølna, presenta una composizione luccicante e mutevole dei siti turistici più fotografati del mondo. Nella sua spiegazione l'artista afferma: "L'opera analizza i tag GPS di tutte le foto disponibili sui siti di photo-sharing…e ricostruisce in 3D i 400 luoghi più fotografati. Rappresenta il mondo secondo il modo in cui questo è rappresentato fotograficamente sul web." Le immagini sono controllate da una trackball grande quanto un grosso melone e vengono proiettate sulla parete. Come in un tour del mondo in costante mutamento, le attrazioni turistiche appaiono luminose e granulose, e frontoni, fontane e strade famose scompaiono mentre si trasformano gli uni negli altri—è una forte accusa alla capacità di banalizzazione intrinseca nelle macchine fotografiche e all'egemonia del pittoresco. Ciononostante è bellissimo.

Pubblicità

Murmur Study di Christopher Baker

Anche Murmur Study dell'artista americano Christopher Baker parte dai dati—questa volta basati sui feed di Twitter—e anch'essa potrebbe essere interpretata come una critica alla vacuità. Baker ha assemblato un dispositivo che seleziona i tweet in cui ci sono parole che comunemente denotano emozioni, come "oooh", "argh", "grrr", e le stampa in tempo reale.

I rotoli di carta disposti vicino al soffitto del Gråmølna si srotolano a singhiozzo giù per le pareti, esibendo i tweet e formando morbidi cumuli bianchi sul pavimento. Se fossero lasciati incustoditi finirebbero per riempire tutto il museo e forse tutto il mondo, come la mappa di Jorge Louis Borges, così dettagliata da essere grande come il mondo stesso. Certo a volte questi tweet sono talmente banali da offuscare il cervello di chi legge, ma si può guardare alla cosa in un altro modo: l'installazione di Baker mostra che i sentimenti sgorgano costantemente dall'uomo, e questo conferisce loro una certa poeticità.

Reunion2012 di Anders Tveit e Eskil Muan Saether

Non sono riuscito a sgomitare abbastanza per vedere la performance Reunion 2012 di Anders Tveit e Eskil Muan Saether, un omaggio a una performance di Cage del 1968 chiamata Reunion, quindi il mio commento dovrà essere breve. I compositori hanno collegato cavi a una scacchiera, installato dei magneti e ideato degli algoritmi per produrre musica da una partita di scacchi. È una chiara combinazione di Cage con Duchamp, il dadaista che ha lasciato l'arte per dedicarsi agli scacchi. I visitatori possono comporre la propria melodia sedendosi davanti alla scacchiera e giocando qualche partita.

Pubblicità

Opere in cui i processi naturali e i fenomeni indagano il cambiamento

Receptive Environment di Daniel Palacios

Per Receptive Environment: Trondheim, [Daniel Palacios](http://Daniel Palacios) ha installato sensori climatici per tutta la città—e c'era una gran varietà di situazioni climatiche da percepire: neve, pioggia, sole, e cose che svolazzavano al vento e che sembravano piccole palline di polistirolo (credo che fosse una specie di grandine molto leggera, ma per quello che ne so io potevano essere anche molecole vaganti). I sensori riportavano i dato a un laser programmato dall'artista, sempre con un algoritmo, che incideva dei sottili pannelli di legno. Ogni pannello era relativo ad una giornata, tranne i pannelli grandi che comprendevano i dati che Palacios ha raccolto a Trondheim in due settimane. I risultati sono immagini botaniche estremamente dettagliate, che sembrano alberi in una foto effetto seppia del fotografo parigino dell'Ottocento Atget.

Hydrogeny di Evelina Domnitch e Dmitri Gelfand

È il turno degli artisti russi con base in Olanda Evelina Domnitch e Dmitri Gelfand, che, se non sbaglio, avevano nominato le molecole di fullerene nella loro incredibile opera super tecnica Hydrogeny al Babel Art Space.

La coppia dice di aver abbandonato l'uso di mezzi per la registrazione, e di voler semplicemente mostrare dei fenomeni, chiedendo al pubblico di prendere l'installazione per quello che è. Questo ricorda gli scultori minimalisti degli anni Sessanta come Donald Judd e Carl Andre, che con le loro opere volevano rifuggire le metafore e cambiare la storia dell'arte.

Pubblicità

Una volta entrati nella sala buia quello che si vede sono bolle che risalgono una tanica d'acqua illuminate da un raggio di luce che si muove lentamente. Quando la luce raggiunge le piccole sfere argentate, queste la rifraggono con tonalità psichedeliche, e improvvisamente lo spettatore si rende conto del volume dell'acqua in un modo tutto nuovo. Alla faccia delle apparenze. Il fenomeno fisico: bolle di idrogeno che si formano da cavi elettrizzati e risalgono nell'acqua purificata , illuminate da un laser che lentamente le scannerizza. La metafora: l'origine della vita, visto che, sempre secondo la dichiarazione degli artisti, l'azione della luce solare sui mari terrestri è stata uno degli "iniziatori primordiali della materia vivente."

Sandbox di Erwin Driessens e Maria Verstappen

Sandbox di Erwin Driessens e Maria Verstappen somiglia a un recinto di sabbia per bambini, solo che è coperto, rialzato, racchiuso in un'elegante scatola nera vagamente inquietante grande quanto una doppia bara e dotato di ventilatori interni controllati a computer e un lungo spioncino orizzontale da cui si può scorgere la forza dell'eternità. È un piccolo deserto in scatola che, secondo gli artisti, è un "sistema generativo" che simula le forze della natura attraverso i ventilatori e la sabbia.

Sandbox ricorda ai visitatori che l'infinito sarà pur grande, ma è sempre fatto di piccole particelle e di forze concrete come il vento e la gravità. La reclusione dello spazio è necessaria all'azione (come la morte rende necessaria la vita), visto che altrimenti la sabbia volerebbe semplicemente sul pavimento. Lo spazio chiuso ci fa apprezzare, usando le parole dello scrittore Paul Bowles, il cielo, che è la nostra unica protezione dalla desolazione dello spazio.

Pubblicità

Piet on Ice di Christian Blom

Piet on Ice dell'artista e compositore norvegese Christian Blom (esposto al Babel Art Space) è un'apparecchiatura che usa "come materiale rose di ghiaccio che crescono e si sciolgono." L'acqua posta su uno specchio orizzontale si gela e si scioglie, circondata da giunture saldate, fili di rame, piccoli ventilatori, il tutto assemblato alla rinfusa, alla buona, in un guazzabuglio che risulta particolarmente espressivo.

La sua altra opera esposta al Rake Showroom, al Khowarizmis Mekaniske Orkesters, è una macchina che crea composizioni automatiche che si affida a un software e a qualche input del pubblico, come un tasto che se premuto tira dei dadi che avviano il macchinario. Anche questa volta il modo in cui Blom assembla i componenti è meraviglioso e dà un'aria melanconica i processi meccanici. A livello sonoro sono tintinnii zoppicanti, ma va fatto notare che la composizione cambia ogni volta. "Posso decidere quando farla partire, ma non cosa farle fare," dice Blom, e questo potrebbe essere il motto per l'intero festival.

Opere non categorizzate

Moving Objects | no. 1239 – 1247 di Pe Lang

Pe Lang è probabilmente l'artista più convenzionale tra questo nutrito gruppo di artisti eccentrici, visto che i suoi lavori si basano sull'impatto visivo. Ma comunque è abbastanza bizzarro anche lui.

Lang fa muovere magneti, cavi, servomeccanismi e acciaio inossidabile in modi che non sembrano appartenere alla meccanica: prendono decisioni, si muovono come sognanti, esprimono influenza, panico. E crea questi movimenti attraverso i mezzi più ripetitivi, formali e regolamentati. I movimenti meccanici diventano metafore, i diagrammi che cambiano rappresentano le sensazioni che cambiano. Dopo aver studiato il suo lavoro è un po' più facile pensare al cervello come un aggeggio elettrochimico che produce pensieri e sentimenti attraverso processi puramente meccanici e di calcolo.

Pubblicità

Nella location principale Lang ha presentato una specie di grande abaco a parete in cui dei piccoli cerchi erano appesi a cavi che scorrazzavano  sullo sfondo bianco e parevano giocare al gioco del telefono senza fili, in cui ogni piccolo cerchio nero toccava il suo vicino per farlo avanzare. Dava l'illusione di un continuo passaggio di informazioni tra i cerchi che si muovevano sullo sfondo, ma in realtà ogni cerchio si spostava solo di poco. L'opera può avere un'interpretazione filosofica che indaga il modo in cui le informazioni vengono comunicate e la presa in giro che vi sta alla base. La sua nuova opera, Moving Objects | No. 1239–1247, è formata da dischi rotanti grigi sovrapposti che, visto che sono fatti di plexiglass, cambiano colore mentre girano. L'effetto è un lento cambio di tonalità simile alle visioni sfocate che si hanno prima di svenire.

The Blackest Black di Frederik de Wilde

Mi dispiaceva non essere riuscito a vedere The Blackest Black dell'artista belga Frederik de Wilde nella galleria principale—ma poi ho capito che il senso dell'opera era proprio non essere visibile. Insieme a scienziati della NASA e della Rice University, de Wilde ha sviluppato un materiale nero composto da nano tecnologie che riflettono pochissima luce. Sembra che stia portando avanti una ricerca modernista della purezza, come quella di uno dei suoi eroi, Yves Klein, che insieme ad alcuni chimici aveva inventato il suo famoso colore, l'International Klein Blue. Qui trovate l'intervista di The Creators Project a de Wilde.

Netropolis di Michael Najjar

Tanto per chiudere in maniera teatrale, l'artista tedesco Michael Najjar si è letteralmente arrampicato sugli edifici più alti che ha trovato in varie città e ha trovato dei trespoli da cui poter scattare fotografie, e successivamente comprimere tutte le sue vedute grandangolari per formare la sua serie Netropolis. La serie mostra una città futuristica in cui la densità della popolazione e le interconnessioni tra le persone in qualche modo si uniscono per  dare vita a un panorama cubista.

Le dodici immagini della serie, di cui una parte è esposta a Trondheim, diventano, per dirla con le parole dell'artista, "una forma di urbanità totalmente immaginaria e senza precedenti—la netropoli telematica." I lavori, che risalgono al 2003-06, sono rilevanti nel contesto della biennale perché sono caratterizzati da un impatto visivo equivalente alle altre opere esposte, più concettuali, sul tema delle città. Najjar ha intenzione di diventare "il primo artista nello spazio" su un futuro viaggio finanziato da Branson e tra le altre cose ha anche creato immagini sublimi di cime montuose reimmaginate come i picchi e le valli dell'indice Dow Jones.

Nota dell'editor: Pelle Cass, l'autore di questo articolo, è un fotografo di grande talento e al Meta.Morf ha esposto delle immagini della serie Selected People. Lo scorso autunno, The Creators Project ha prodotto un documentario (qui sopra) sulle incredibili e divertenti foto in time-lapse di Cass. Poteve vedere altri suoi lavori visitando il suo sito: http://www.pellecass.com/

La biennale Meta.Morf sarà aperta al pubblico fino al 1 giugno. Per avere più info sul festival, visitate il sito http://metamorf.no/