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Tecnologia

L'evoluzionismo in Cina

In Cina la teoria evoluzionista più popolare rifiuta l'idea della provenienza dell'homo sapiens dall'Africa, privilegiando una teoria che individua la culla dell'umanità in Cina.
Immagine: Shutterstock

In Cina la teoria evoluzionista più popolare è volta a sfatare l'idea di provenienza dell'homo sapiens dall'Africa, privilegiando un approccio multiregionale che individua la culla dell'umanità in Cina. A livello scientifico, la teoria trova grande diffidenza nella comunità internazionale mentre è sostenuta politicamente e culturalmente lì dove è nata, rafforzando il nazionalismo e l'idea dell'esistenza di una "razza cinese."

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Tutto ha avuto inizio nel 1927 con la scoperta del Peking man, resti di homo erectus capaci di sollevare non pochi dubbi sulla validità della teoria "out of Africa", ovvero l'idea che l'essere umano moderno si fosse sviluppato in Africa e da li avesse poi colonizzato il resto del pianeta. Da qui l'origine della teoria multiregionale (o policentrica), proposta per la prima volta nel 1984 da Wolpoff, Thorne e Xinzhi Wu. I sostenitori suppongono che l'uomo arcaico fosse suddiviso in 4 maggiori ceppi: europeo, africano, asiatico e australiano, mentre i più radicali ritengono che l'intera evoluzione umana abbia avuto origine in Cina. Per gran parte della comunità scientifica internazionale l'homo erectus che ha abbandonato l'Africa si sarebbe invece estinto, poiché i sapiens moderni avrebbero trovato un habitat ideale allo sviluppo solo in Africa.

Se queste teorie possono sembrarvi complicate, parziali e lontane dai problemi attuali, allora forse è il caso di ricredersi, perché in Cina come nel resto del mondo l'evoluzione sta ricoprendo un ruolo sempre più importante per la politica e la cultura. Per esempio nelle scuole cinesi non si accenna neanche minimamente al creazionismo e al dibattito religioso. In molti libri di testo la religione è definita come un "idea distorta" di coloro che non sanno spiegare la realtà. In occidente per l'evoluzione accade l'opposto, basti pensare che nel Kansas americano fu ufficialmente proibito il suo insegnamento nel 1999.

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La risposta degli intellettuali mandarini a secoli di umiliazione da parte degli occidentali fu quella di sostenere un concetto di "razza cinese"

L'insegnamento di Darwin è strettamente legato al concetto di razza, un fenomeno recente in Cina, introdotto dagli intellettuali e studiosi di darwinismo sociale istruiti in Giappone e in occidente agli albori del XX sec. Molte di queste teorie descrivevano la "superiorità della razza bianca". La risposta degli intellettuali mandarini a secoli di umiliazione nazionale da parte degli invasori occidentali fu quella di sostenere un concetto di "razza cinese" (identificato nella maggioranza Han) capace di eguagliare la supremazia dei "diavoli bianchi" che descrivevano i cinesi come le "marionette dell'Asia" (Sick men of Asia).

Zhongzu è tradotto come razza, ma letteralmente significa "etnia originale", ed è spesso usato per descrivere gli Han come il vero popolo cinese. In seguito alla rivoluzione del 1911 e la caduta della dinastia mancese, la promozione di tale concetto era considerata fondamentale per l'unificazione della Cina promossa da Sun Yatsen e dal partito nazionalista, per rendere nuovamente gloria al popolo scelto dal Cielo, quello capace di dar vita al più grande, ricco e longevo impero della storia dell'umanità. Il primo principio della propaganda nazionalista era appunto l'unione di sangue e di razza, che prescindeva le differenze culturali ed etniche, forgiando un etnologia descrittiva al servizio della politica. L'impero mancese era multietnico, ma i mancesi son stati per secoli considerati barbari. Il darwinismo sociale ha fornito un valido contributo scientifico alla loro caduta, come volontà del mandato celeste di restaurare la supremazia Han.

Sull'umiliazione nazionale e la superiorità etnica si fonda ancora la propaganda nazionalista del partito comunista, strumentale non solo per il patriottismo e la legittimazione del PCC, ma anche per l'assimilazione, più che integrazione, delle minoranze. Delle 56 etnie ufficialmente riconosciute la Han costituisce più del 90% della popolazione, e la gran parte non è cosciente delle proprie origini multietniche, o del pregiudizio di superiorità etnica e razziale di cui si fa inconsapevolmente promotorice. L'identità Han è stata il cemento dell'unità nazionale, ma anche un costrutto sociale che di omogeneo ha ben poco. Basti pensare che nel'52 le etnie riconosciute erano oltre 400, e gran parte son state assimilate nel gruppo Han. Affermare che in realtà gli Han del nord abbiano più comunanze genetiche con gli "invasori" giapponesi che con gli Han del sud, sarebbe un torto culturale oltreché politico.

Mentre nel resto del mondo la biologia antropologica si è mossa verso un approccio non-razziale, in Cina si assiste al trend inverso. Il concetto di razza ricopre un ruolo primario, ed è considerato naturale porre enfasi sulla discriminazione. L'insieme di teoria multiregionale, biologia antropologica, darwinismo sociale e avvenimenti storici forniscono una base scientifica e socio-culturale capace di essere facilmente strumentalizzata a livello politico. A livello popolare nessuno crede che i cinesi siano venuti dall'Africa, molti affermano piuttosto il contrario, o intendono il multiregionalismo come una prova del fatto che siamo razze diverse, che non siamo lo stesso tipo di sapiens sapiens.