“Vedo volti negli oggetti e nelle texture fin da quando ero bambino”, dice Lee Griggs, artista CGI. “Credo si chiami pareidolia. Mi piace dare volti ad altre forme”. Mentre gli esempi comuni che descrivono questo fenomeno psicologico includono la visione di animali tra le nuvole o fattezze umane nei tessuti, Griggs vede, e poi digitalizza, volti che non hanno niente a che fare con il regno animale.Dai suoi profili astratti, che potremmo definire mutanti digitali allucinatori (anche se stupendi) ai suoi esperimenti ritrattisti, i lavori di questo artista di Madrid appaiono come personaggi dei fumetti estremamente realistici, oppure come creature psichedeliche che non si vedono nemmeno nel finale de “Il labirinto del fauno”.
Al riguardo, l’artista ha affermato “Ciò che mi interessa di più del CGI è far sembrare reale l’irreale. A spingermi è la ricerca di qualcosa mai visto prima (e che risulti piacevole)”. E per soddisfare il suo istinto creativo, quest’estate l’artista ha realizzato una serie di progetti digitali sulla sua pagina Behanche, talmente ben realizzati che è assurdo pensare che non si tratti di entità tangibili. “L’obiettivo è far sembrare il CGI un lavoro fotografico, ma è sempre tutto CGI”.Griggs ha lavorato in uno studio VFX, ma ha spiegato che le alte condizioni di stress in cui viveva gli hanno fatto lasciare l’industria in modo da dedicarsi interamente alle proprie idee. “Al momento lo scopo è testare i software di rendering e vedere fin dove riesco a spingerli”.Nei profili dei suoi personaggi, l’artista ha usato una testa 3D scannerizzata, a cui ha dato il nome di Lee Perry Smith. Ha preso un modello su cui ha applicato varie tecniche digitali, attraverso il software Arnold per Maya. “In realtà sono soltanto una serie di tecniche software utilizzate in un modo diverso da quello per cui sono state programmate. Molte le ho scoperte per caso”.Per vedere altri lavori di Grigg, visitate il suo sito.
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