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'Hallucinaut' è il cortometraggio fantascientifico che aspettavi

Questo cortometraggio, prodotto da Terry Gilliam, è ambientato tra i solchi di una mano.

L'Italia è famosa nel mondo per l'arte, la mafia, la pizza e gli italiani che fanno cose fiche all'estero. Uno di questi è Daniele Auber, un filmmaker e concept designer triestino che vive da oltre dieci anni a Los Angeles. Nel corso della sua carriera ha vinto un Emmy assieme a Jim Henson, l’inventore dei Muppets, e ha collaborato con registi come Wes Craven, Luc Besson e i fratelli Wachowski.

In questi giorni Auber ha iniziato le riprese di Hallucinaut, suo secondo cortometraggio, in cui racconta le vicende di un ragazzo sfortunato che per cambiare il proprio destino viene miniaturizzato e intraprende un viaggio psichedelico all'interno della linea della vita della sua mano sinistra. Un trip onirico e surreale in cui attori in carne e ossa (come Alia Shawkat di Arrested Development) interagiscono con animatroni modificati digitalmente.

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Per ottenere i 50.000 dollari necessari a dare inizio al progetto Auber ha aperto un account su Kickstarter e in poche settimane ha raggiunto e superato l'obiettivo (il contatore si è fermato a 70.269 dollari), grazie anche all'aiuto del suo amico Terry Gilliam, produttore esecutivo del film, che sulla sua pagina Facebook ha diffuso un video per pubblicizzare il fundraising.

Lavorare all’estero per lungo tempo porta a delle conseguenze, per un italiano. Qualche giorno fa ho parlato con Daniele per capire qualcosa in più di lui e del suo lavoro, "Sono cresciuto in Italia, poi sono stato in Inghilterra per sette anni e da undici vivo a Los Angeles. Sono un po’ questo, un po’ quello. Ormai non sono più totalmente italiano. È un po’ come l’accento. Non lo puoi controllare, vieni influenzato dai posti in cui hai vissuto. Se fossi completamente italiano dopo tanto tempo che ho vissuto all’estero, beh, sarebbe una cosa malsana,” racconta.

“Hallucinaut è un cortometraggio. Surreale, fantasy, fantascientifico. Un mix di questi generi. La peculiarità di Hallucinaut è che sarà realizzato mettendo insieme gli effetti speciali tradizionali, che consistono nel costruire fisicamente gli animatroni, con effetti digitali grazie ai quali aggiungeremo elementi che modificheranno la loro struttura,” comincia a spiegarmi Daniel(e).

“Ho trovato una location fantastica, nel deserto del Mojave. Sembra davvero di stare tra le pieghe di una mano. La storia è quella di un ragazzo che ha la possibilità di entrare all’interno della linea della vita di una mano e durante questo viaggio incontra delle strane creature, dei microorganismi chiamati microdelics (fusione di “microscopici” e “psichedelici”) che rappresentano simbolicamente i vari avvenimenti della sua vita. Relazionandosi con questi esseri il nostro personaggio rivivrà il suo percorso esistenziale e dovrà riuscire a trovare il punto in cui ha preso la strada sbagliata, quella che gli ha rovinato il karma.”

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Nell’era del multitasking, multiskilling e networking ci si può perdere in fretta dietro a inglesismi e denominazioni particolari. Nel 2015 il concept designer è colui che si occupa degli storyboard? “No. Gli storyboard vengono fatti dagli storyboard artist. Faccio anche questo di tanto in tanto, dipende dal tipo di progetto. Li faccio per due tipi di progetti: pubblicità, perché guadagno bene in poco tempo (e questo è un ottimo motivo per farli), oppure se lavoro con registi da cui ho molto da imparare. In questi casi ne vale la pena, altrimenti è un lavoro abbastanza noioso.”

“Il concept designer invece legge la sceneggiatura e poi visualizza e mette su carta le immagini più significative, per esempio creature, mostri oppure ambientazioni inusuali. Il tutto avviene interagendo con il regista, che spesso ha delle indicazioni precise sulle cose che ha bisogno di visualizzare. Il concept designer è un artista, ma la sua libertà è circoscritta entro i limiti dati dalla sceneggiatura,” mi spiega.

Riuscire a portare a buon fine una campagna Kickstarter è una bella impresa oggi, “Abbiamo trovato un pubblico appassionato che vuole vedere il film. Saranno i primi spettatori di Hallucinaut, avranno accesso al download in anteprima (la première virtuale, diciamo). Faremo anche una première fisica, qui a Los Angeles, per gli abitanti del luogo e per il cast, contemporaneamente a quella digitale. E poi manderemo il film in giro per il mondo. Non sappiamo ancora a quali festival, dipende da quando sarà pronto. Se tutto va bene per la fine del 2015.”

Daniel è riuscito a coinvolgere Terry Gilliam nella produzione del film, il che è piuttosto incredibile, “Ci siamo conosciuti nel 2002, grazie al nostro amico comune Nicola Pecorini, che è il suo direttore della fotografia prediletto. In quel periodo stavo tentando di cambiare carriera. Ero stufissimo di fare gli effetti speciali e volevo diventare un concept designer, invece di costruire i mostri li volevo disegnare. Così ho fatto un cd con tutti i miei disegni e l’ho fatto vedere a Nicola. Qualche settimana dopo mi ha chiamato dicendomi che mi aveva procurato un appuntamento con Terry Gilliam. Di punto in bianco, a sorpresa. Ho reagito come avresti reagito tu, ti lascio immaginare. Terry Gilliam è una specie di dio in terra per noi appassionati di cose bizzarre. Così sono andato nel suo ufficio di Soho, a Londra, e ho iniziato subito a lavorare a I fratelli Grimm e l’incantevole strega. Siamo andati a Praga per un anno e nel corso di quel lavoro ho fatto del mio meglio per mostrargli le mie capacità. E ora siamo amici,” mi racconta.

“Quando ho scritto la sceneggiatura e raccolto tutto il materiale, ho costruito una scatola magica piena di cose, una specie di scatola delle meraviglie dedicata ad Hallucinaut e gliel’ho spedita a casa, con una lettera in cui gli chiedevo se gli andava di fare da executive producer. Mi ha risposto di sì. E da allora il progetto è decollato. Il suo aiuto è stato fondamentale sotto tanti punti di vista, ma soprattutto per il sostegno pubblico. Il Kickstarter ha avuto un grande successo perché moltissimi sostenitori sono arrivati dai social media di Terry. Ora, come dice Nicola Pecorini, “so’ cazzi mia”. È una bella, anzi una bellissima responsabilità.”

Daniel ha abbandonato quasi completamente l’Italia per fare questo lavoro, ma se lo si volesse fare in patria? “L’Italia è da sempre un paese con grandi eccellenze artigianali. Io mi sento un artigiano: disegno, scolpisco, costruisco. Mi sono formato in una bottega come quelle del Rinascimento, in un certo senso, che nel mio caso era quella di Sergio Stivaletti, uno dei più bravi effettisti speciali italiani. Purtroppo in Italia non ci sono finanziamenti per film di un certo tipo, è un’industria morta. In Italia ho fatto Nirvana, mi sono occupato degli effetti speciali – gli occhi di Sergio Rubini, il casco di Christopher Lambert – e quando ho finito mi sono detto “meglio di così in Italia non si potrà fare, ora me ne devo andare”. “