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Cultura

[NSFW] Cosa ci fai tutta nuda, Milo Moiré?

Abbiamo parlato di sessismo, nudità, psicologia e immigrazione con l'artista più controversa degli ultimi anni.
Tutte le immagini per gentile concessione di Milo Moiré.

(NSFW) Questo articolo contiene immagini esplicite. 

Avete presente quella scena del film di Deadpool quando Wade colpisce—per errore—un suo avversario per rendendosi conto subito dopo che è una donna e sentendosi quindi in dovere di scusarsi in questo modo: "dare un pugno ad una donna è sessista, ma anche non darglielo perché è una donna potrebbe essere considerato sessista?" Ecco, Milo Moiré solleva lo stesso genere di questioni.

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Questa giovane artista è nota per le sue performance in cui si è presentata in un museo nuda con un bambino in braccio, oppure sopra un tram di Düsseldorf ricoperta solamente dai nomi dei suoi vestiti dipinti sulla pelle. In un'altra occasione, si è scattata dei selfie nuda con la gente al Trocadéro di Parigi. Con PlopEgg #1 - A Birth of a Picture (2014), ha decisamente rubato la scena agli espositori della fiera d'arte contemporanea di Colonia, dipingendo una tela bianca con delle uova piene di colori fatte cascare dalla sua vagina, proprio nel piazzale antistante al salone in cui aveva luogo dell'evento. La sua ricerca artistica è incentrata sulla nudità come elemento di uguaglianza e l'uso del sesso come fonte creativa.

A volte, trovo che sia una specie di Barbie affamata di sovraesposizione mediatica—andate a favi un giro sul suo profilo Instagram—oppure date un occhio alle foto e ai video non censurati sul suo sito www.unlimitedmuse.com. Di recente, l'artista, che si avvale anche di una laurea in psicologia, ha posato nuda di fronte alla Cattedrale di Colonia con un cartello su cui c'era scritto "Rispettateci! Non siamo giocattoli, neanche quando siamo nude!" Si trattava della sua "reazione" alle famose violenze del Capodanno 2016, in seguito alle quali le autorità hanno effettuato controlli su 31 "sospetti," di cui 18 richiedenti asilo. Un contributo artistico estremamente discreto, che purtroppo non ha contribuito di molto ad abbassare i toni del dibattito sulla accoglienza dei rifugiati siriani, iracheni e afghani nella pudica Renania Settentrionale-Vestfalia.

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Se dovessi fare qualche appunto a Milo, mi sentirei di dire che colgo un certa dose di esibizionismo marchettaro nei suoi ennesimi tentativi di sovvertire e provocare attraverso il nudo. O forse queste valutazioni sono semplicemente una forma di discriminazione sessuale inconsapevole che sto esercitando a mia volta. Non ne sono sicuro.

Milo Moiré, artista o ciarlatana? Proprio come Deadpool, ci siamo lanciati in prima linea per discuterne faccia a faccia con la diretta interessata.

The Script System (2013), Dusseldorf, Allemagne

Milo, qual è il tuo segreto per non ammalarti dopo le tue performance?

(Ride) Non ho segreti particolari. A dire il vero, mi ammalo regolarmente, soprattutto perché eseguo le mie performance a Düsseldorf o a Colonia, non esattamente le città più calde d'Europa. Quando resto nuda, mi concentro in modo che il freddo non influisca sulle mie prestazioni. Cerco di mantenere il massimo controllo possibile sul mio corpo e sulle mie sensazioni…

Quando hai fatto la tua performance al Trocadéro, hai sperimentato anche un'altra forma di controllo, quello esercitato dalla polizia…

Ho passato quindici ore in custodia. È stata la prima volta in cui sono stata incarcerata e mi sono confrontata con il mondo brutale della legge. Faceva freddo, la cella era minuscola e sporca. Eppure mi sono rifiutata di dormire. Volevo vivere fino in fondo l'esperienza dell'arresto: il paradosso di venire privata della mia libertà perché ho usato il mio corpo come meglio credevo.

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Eppure, lo scenario sarebbe stato molto diverso se avessi svolto questo tipo di azione a New Delhi o a Riyadh, credo che tu ti sia già posta questo genere di domande…

Naturalmente, proprio per questo, lo scorso anno, ho rifiutato un'offerta di fare una performance a Miami perché, se fossi stata arrestata, avrei rischiato di venire bandita dal territorio degli Stati Uniti.

"L'esibizione di organi sessuali in un luogo pubblico è punibile con un anno di detenzione e 15.000 euro di multa," secondo il codice penale francese.

E questa stessa esibizione è autorizzata in Germania e in Svizzera. Guarda, io non cerco di mettere in discussione i limiti imposti per legge nelle società occidentali, che, tra l'altro, a mio parare, sono anche le più aperte riguardo alla questione del corpo e della nudità. Non voglio neanche mettere in discussione la morale comune. Quello che faccio è celebrare l'arte che occupa la vita quotidiana, la libertà di usare o mostrare il mio corpo come preferisco. Al centro del mio approccio concettuale, che voglio il più aperto e democratico possibile, si trova la dimensione pubblica. Desidero che questo mio approccio venga raggiunga tutti in maniera naturale e non solo a una cerchia ristretta di gallerie o di persone che pagano un biglietto per chiudersi in un museo. Inoltre, il mondo dell'arte contemporanea è in gran parte dominato dagli uomini. Vorrei parlare al maggior numero di persone possibile. Proprio per questo, la dimensione reale e universale di uno spazio pubblico come la strada sono fondamentali per me.

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Che ruolo hanno oggi i tuoi studi di psicologia nel tuo lavoro di artista?

La psicologia cognitiva mi ha insegnato ad affrontare i soggetti che tratto con rigore scientifico, libera dai giudizi morali o dalle nozioni di bene e male. Oggi utilizzo questa neutralità nelle mie performance artistiche, mettendola al servizio di un'esperienza globale, un discorso universale, che spero possa raggiungere molte persone. Sono laureata in psicologia, ma mi ritengo un'artista umanista. Lo stesso vale per le prese di posizione politiche che alcuni possono cogliere nei miei lavori. Ad esempio, mi sento femminista perché ci tengo alla parità di genere, ma desidero rivolgermi maggiormente alle donne. Il mio lavoro è pieno di messaggi, ma questi non scavalcano mai l'importanza dei gesti. Gesti che, innanzitutto, devono essere sempre liberi.

The Naked Life (2015).

Come reagiscono le persone quando si imbattono nelle tue performance?

Con indignazione, incomprensione e tante domande. Molte persone mi ignorano, alcuni si coprono gli occhi, altri ridono. Al Trocadéro quando ho eseguito Naked Selfies, le reazioni più ostili sono partire dai venditori di souvenir a forma di Tour Eiffel che in pochissimo tempo sono diventati estremamente aggressivi verso di me.

Allo stesso modo, la tua performance sui gradini della cattedrale di Colonia, in risposta agli attentati di Capodanno, ha destato scalpore. Il dibattito sui rifugiati sta lacerando l'Europa e il tuo gesto è stato un po' come gettare della benzina sul fuoco.

Dopo quegli attacchi, il sindaco di Colonia, Henriette Reker e i rappresentanti della polizia hanno consigliato alle donne di mantenersi a più di un metro di distanza dagli uomini. Cerchiamo di essere chiari: in questo caso come in molti altri, le donne non hanno nessuna colpa. Non abbiamo fatto nulla di male. Non esiste nessun motivo oggettivo per sentirsi in colpa e credo che quella performance sostenesse questa idea. Anche in questo caso, ho intrapreso un discorso diverso da quello ideologico. "Non abbiamo fatto nulla di male" e "non siamo delle bambole" sono messaggi che trascendono la politica, sfruttando tanto il linguaggio delle performance artistiche quanto la cassa di risonanza fornita dai media. Un approccio nuovo, che si pone a metà strada tra l'azione diretta e la creazione di contenuti virali. Quanto al  rischio di essere strumentalizzata, cosa posso dire? Sono figlia d'immigrati anche io, ma sai… le dimensioni e le tempistiche del flusso di migranti in Germania stanno mettendo a dura prova la nostra capacità di integrazione. Sul serio. Da questo punto di vista, qui stiamo vivendo una vera e propria crisi. Inoltre, credo che i diritti che abbiamo acquisito non dovrebbero essere minacciati da nuove popolazioni meno abituate alle libertà individuali. Questi sono temi a cui tengo molto.

Ah… ok.