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Fotografia

Queste foto eteree sono state scattate completamente al buio

Senza flash né manipolazione digitale.
foto
Rafaël Herman, tempore V

Nonostante la brillantezza e l'illuminazione quasi innaturale, le foto della personale di Rafaël HermanThe Night Illuminates the Night, sono state scattate in totale assenza di luce e non sono state manipolate digitalmente. Non è una sorpresa, quindi, il fatto che non vengano subito processate dal cervello come fotografie. Scattate tra il 2010 e il 2015, sono stranamente colorate di un verde bluastro e di un lavanda dai toni onirici, con sfondi piatti e luminosi come specchi.

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Il buio è sia mitico che metaforico. Siamo abituati a pensare che è spaventoso e inestricabile rispetto alla morte, rappresenta l'ignoto; ma non si può entrare nella caverna di Brahma, la divinità indù che rappresenta il centro della visione, senza chiudere gli occhi. The Night Illuminates the Night ritrae la terra natale di Herman, Israele, nel bel mezzo della notte, utilizzando una tecnica specifica per creare bellissime esposizioni oniriche. Herman si è posto deliberatamente nella tradizione dei Vecchi Maestri che, spiega "rappresentano la Terra Santa senza averne conoscenza o esperienza diretta… Anche nel mio lavoro volevo rendermi cieco rispetto alla mia stessa terra, e pormi con una certa distanza rispetto ai luoghi della mia infanzia."

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Rafaël Herman, bosco III

Queste immagini—dei Monti della Giudea, della Foresta delle Galilee e del mar Mediterraneo—sono come dei segreti svelati, delle realtà alternative del paesaggio che possiamo vedere con gli occhi della mente (anche quando è troppo buio per quelli del corpo). I colori e le forme inusuali non sono intenzionali, ma un risultato fortunato; il sentimento che ne traspare è inspiegabilmente reale, ma non quieto. "La mia ricerca è ontologica," spiega Herman. "Non cerco un effetto estetico o un'indagine psicologica, voglio guadagnare una nuova via di accesso alla realtà. E facendolo, ho scoperto che ogni visione empirica contiene un cuore di oscurità, un momento di cecità."

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Rafaël Herman, somnum rubrum

La tecnica di Herman ha bisogno di pazienza. "Utilizzo una lunga esposizione per seguire i risultati del calcolo e manipolo la camera per ottenere esattamente ciò di cui ho bisogno," dice. "Lo decostruisco per ottenere questo tipo di immagine, senza luce; non c'è manipolazione digitale nell'immagine." Herman deve stare in solitudine, lontano dalle luci della notte. "Mi colloco in un tempo d'attesa mistico," dice. "In italiano la parola attesa descrive molto bene questa situazione di imminenza, la ferma convinzione che sta per accadere qualcosa."

L'artista, che è anche un percussionista, ha un rapporto familiare con il buio. Da adolescente, mentre andava a un concerto, ha avuto un incidente stradale che gli ha lacerato l'occhio sinistro. Herman ha subito diverse operazioni, una delle quali, dice, "è durata 14 ore nel tentativo di incollare insieme i pezzi dell'occhio. Nessuno poteva dirmi se ci avrei visto di nuovo oppure no." Nel corso di un anno, l'artista ha ricominciato a vedere la luce, finché la sua vista non è diventata "più che clinicamente perfetta." Il suo occhio sinistro è unico: "la pupilla è più grande e spessa, incamera più luce del normale. La sensazione di vedere la luce mi fa pensare che nell'oscurità c'è sempre una luce e che, anche se per un momento è impossibile da vedere, bisogna sempre aspettarsi qualcosa di buono."

Rafaël Herman, felix taeda II

Una buona metafora per la nostra vita e per l'arte fotografica di Herman. "Vedere nel buio è un atto di fede," aggiunge. Il mio processo non illumina la notte—piuttosto, rivela la luce che c'è già. Ciò che sto facendo è rivelare la realtà al di fuori dell'esistente […] senza intervenire. Questa per me è la bellezza. Sono solo curioso, e sto trasmettendo la mia curiosità al pubblico scoprendo, insieme, queste realtà nascoste."

The Night Illuminates the Night è al MACRO Testaccio di Roma dal 25 gennaio al 26 marzo 2017. Per saperne di più, andate qui.