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Italia

Gli universi infiniti e le sinergie del festival Drodesera

"May I never be complete, may I never be content, may I never be perfect": la nostra incursione a Centrale Fies.
La facciata della ex centrale idroelettrica che ha ospitato il festival. Tutte le foto: Giampaolo Algieri

"May I never be complete, may I never be content, may I never be perfect" è stato lo slogan—rubato da Fight Club—della 36ma edizione del festival delle arti performative Drodesera, un evento che ha invaso per otto giorni la valle del fiume Sarca a Dro, in provincia di Trento. Noi di The Creators Project, tra i media partner, abbiamo trascorso due giorni tra spettatori e performer, per cercare di capire come non-essere contenti, non-tendere alla perfezione e sentirci incompleti per sempre.

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Con il giusto bilanciamento di giovani artisti emergenti e affermati, la direzione artistica di Centrale Fies ha dato vita a una celebrazione delle arti performative che ha toccato gli approcci più diversi, dalle pièce teatrali classicamente intese alle performance più sperimentali e interattive, passando per le arti visive e i video. Il tutto, in un ecosistema organico di corpi, musica e voci che anelavano alla realizzazione della stessa forma di arte totale designata a rappresentare tanto il contemporaneo quanto le eterne problematiche umane del tragico e del comico.

Anagoor, SOCRATE IL SOPRAVVISSUTO/come le foglie

"Quello che troviamo interessante in tutto il nostro lavoro a Centrale Fies, sia quello di produzione (Fies Factory), che quello di insegnamento e teorizzazione della performance art (Premio LIVE WORKS) che di progettazione culturale (Fies Core), è come il pensiero laterale, la diffusione di immaginari, le nuove pratiche che siano arti visive o sceniche, solchino sinergicamente un percorso capace di potenziarsi grazie a innumerevoli corrispondenze interne ed esterne" ha dichiarato Barbara Boninsegna, della direzione artistica, a The Creators Project.

La sinergia è stata effettivamente l'anima vitale di questo festival. In un contesto in cui il confine tra arti sceniche e performance artistiche è sempre più sfumato, l'azione comunicativa diventa efficace solo quando al pubblico appare chiaro il leitmotiv emotivo e concettuale che connette le opere tra loro. E in questa edizione, i performer-WORLD BREAKERS sono riusciti nell'intento di creare infiniti micromondi eterogenei, accomunati da una sottile ma vitale intersezione: la rottura delle regole, il boicottaggio del sistema dall'interno.

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BerlinZvizdal

Solo per nominare alcune delle numerosissime performance, Anagoor, una compagnia affiliata alla Fies Factory, ha portato in scena una tragedia contemporanea sul ruolo dell'educazione e sulla deriva del pensiero occidentale tratta dal romanzo di Antonio Scurati, Il Sopravvissuto. I Berlin, invece, hanno presentato un intenso documentario girato nell'arco di cinque anni a Zvizdal, nella zona di esclusione di Chernobyl, raccontando la storia di una coppia di anziani che ha vissuto per trent'anni in una condizione di estrema povertà e isolamento.

Alessandro Sciarroni, con Aurora, ha invece trasformato il palcoscenico in un campo di goalball—uno sport praticato da non vedenti e ipovedenti—dove l'azione performativa ha coinciso con un'emozionante sfida tra due squadre. Infine, le performance interattive di CollettivO CineticO e Sotterraneo hanno portato sulla scena gli spettatori stessi, rendendoli protagonisti di un rito di purificazione in un caso e della costruzione di scenari futuribili nell'altro.

CollettivO CineticOLa casa di pietra del fratello maggiore. Foto via

Vanja Smiljanic (vincitrice della scorsa edizione del premio LIVE WORKS)/ Waves of Worship (WOW)

Blauer Hase, Helicotrema

Se volete saperne di più su tutti gli artisti che hanno partecipato al festival consultate il programma qui. Se invece volete tenervi aggiornati sulle attività di Centrale Fies visitate il sito!