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La poetica dell’azzurro a Palazzo Reale

Ci siamo immersi nella retrospettiva "Studio Azzurro. Immagini sensibili" di Palazzo Reale a Milano.

Immagini Sensibili_Palazzo Reale_trailer di Studio Azzurro su Vimeo.

Studio Azzurro. Immagini sensibili, promosso dal Comune di Milano-Cultura e realizzato in collaborazione con Arthemisia Group, presenta al grande pubblico una retrospettiva dedicata a Studio Azzurro a Palazzo Reale—uno straordinario contesto che offre l’opportunità di rivivere, esaminare e storicizzare il contributo del gruppo alla crescita dell’arte contemporanea in Italia. La mostra, che rende omaggio al collettivo e in particolare a uno dei suoi fondatori, Paolo Rosa, s’inserisce nel palinsesto Ritorni al futuro, un programma di eventi culturali che ha come scopo quello di portare l’idea del futuro al centro del dibattito pubblico.

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Ci s’immerge in una stanza buia, illuminata da 12 schermi allineati in orizzontale che mostrano immagini sincronizzate di un mare aperto. Si scorgono le acque in movimento, si coglie il lieve suono delle onde. Poi un’apparizione, un nuotatore percorre adagio, instancabile, quel mare sconfinato. Le immagini, fluide, scorrono da uno schermo all’altro, avvolte da un alone di luce azzurrina fredda ed ammaliante, a tratti estraniante. A sinistra, un altro schermo che inquadra vacillante un orologio che segna il tempo a grandi intervalli.

Forse questa prima opera, Il Nuotatore (1984), che apre la grande retrospettiva dedicata a Studio Azzurro, racchiude la metafora dell’attività artistica e visionaria del collettivo che da 35 anni intraprende nuove rotte, alla costante ricerca delle sponde fertili e inaspettate offerte dalla tecnologia.

L’azzurro che identifica il collettivo si ricollega perfettamente all’atmosfera creativa e alla leggerezza che avvolge il loro lavoro, ricco di contaminazioni, in cui immagini virtuali e ambienti fisici ci portano alla riscoperta di realtà parallele, da una parte quella che ci circonda, dall’altra quella del nostro più profondo immaginario.

“Ed è proprio la fedeltà a una poetica precisa a darci, forse, la possibilità di intravvedere una rotta che tiene conto del turbinare delle novità tecnologiche e del disorientamento degli eventi quotidiani, permettendoci di non inseguire, affannati, ma di osservare le mutazioni tecniche e antropologiche, senza lasciarci sopraffare, tentando invece di sintonizzarci, ogni volta, con il loro versante inesplorato e profondo, quello che cela una ricchezza, una fertilità creativa che attende chi la sappia ascoltare,” racconta Studio Azzurro nel testo curatoriale della mostra.

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Le opere di Studio Azzurro offrono un’interpretazione del reale attraverso il virtuale, due mondi diversi che s’incontrano senza mai sovrastarsi, uno aiutando la concezione dell’altro.

Nel videoambiente Pareti, figure strappate (1986), le luci e i video si muovono in sincronia, ravvivando le figure e gli scenari negli affreschi del Palazzo Fortuny a Venezia. Mentre in Il segno inviolato (1990), 24 monitor posti a forma di croce svelano luoghi e traiettorie, esplorando mari, foreste, deserti e città su cui si posa un piccolo pointer, formando infine una carta meteorologica che zooma sui più svariati luoghi.

E in un continuo transito dal reale al virtuale, dall’organico al sintetico, dal tangibile all’intangibile, i confini di questi mondi possibili si sfumano. Percorrendo la mostra, si rivivono anche gli spettacoli teatrali e musicali della vastissima produzione artistica di Studio Azzurro, che spazia dai primi anni Ottanta a oggi. Nelle opere videoteatrali come Prologo a Diario Segreto Contraffatto (1985) e La Camera Astratta (1987), le costruzioni visive sono elaborate, le immagini si spezzano e si ricompongono creando narrative dinamiche fatte di doppie scene, in cui il corpo dell’attore è perfettamente integrato allo spazio virtuale del video.

Invece negli ambienti sensibili, come Coro e Tavoli (perché queste mani mi toccano), entrambe realizzate nel 1995, si coglie un sottile umorismo. Nella prima opera, la proiezione di una cosmogonia di corpi ricopre l’intero pavimento di una sala espositiva, e reagendo ai passi dello spettatore, le figure si muovono ed esclamano. La seconda opera, invece, è composta da tre tavoli inclinati, su cui sono proiettati rispettivamente una candela accesa, una donna robusta distesa e un dipinto di natura morta. Anche qui, con un semplice colpo di mani sui tavoli, la candela si rovescia e incendia il tavolo, la donna si rigira su se stessa, il dipinto si stropiccia.

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Dalla partecipazione tattile e fisica, si passa al coinvolgimento emotivo e umano. Verso la seconda metà della mostra, le opere assumono un tono più lirico. Ci sono visioni e sogni, ma anche incubi primordiali negli ambienti sensibili creati da Studio Azzurro, come in Il Giardino delle anime (1997), dove si assiste alla nascita dell’uomo in un viaggio di ritorno alle prime origini, al mito di Teseo e Arianna. O in Le zattere dei sentimenti (2002), dove gli spettatori vivono il dramma di chi nuota nella disperazione, e a ciascuno è conferito il potere di decidere se salvare o lasciare ad annegare le vittime. La nascita, il naufragio, il libero arbitrio, sono tutti temi attuali ed eterni. Queste opere, come molte altre, commuovono, scuotono e risvegliano la coscienza per la loro universalità e contemporaneità.

Il desiderio di non interrompere quest’esperienza visionaria ci guida verso una nuova sala, un nuovo viaggio, questa volta per la Siria in Che memoria scricchiolante avremo (2016) e per il mare in Meditazioni mediterraneo (2002), alla ricerca di una memoria collettiva che possa ridestare i sensi attraverso terre, suoni, colori e odori. Il flusso di immagini che celebra la ricchezza di culture e popoli, così vicini eppure lontani, s’intinge di voci e racconti, e in questo invito a riconoscerci nell’altro, la ricerca assume un carattere sociale e politico, esprimendo una profonda volontà di testimoniare e tramandare la storia.

Si potrebbe dire che la forza narrativa della mostra giunge al suo culmine nella Sala delle Cariatidi, che ospita l’installazione inedita Miracolo a Milano (2016), un grande affresco virtuale che racconta la città e le persone che la abitano. Frutto di 20 anni di ricerca tecnologica e antropologica, l’opera è composta da specchi sensibili che al nostro passaggio, fanno intravedere persone ordinarie, svelando i racconti di ognuno. C’è chi ci invita a casa sua per un bicchiere di vino, chi invece afferma di essere un senza tetto e di aver dormito sul bus 90… Qui, le espressioni e i gesti di persone ai margini della società assumono una centralità non indifferente, e al concludersi del dialogo ogni figura viene risucchiata verso l’alto per poi ricomparire sull’affresco ovale dell’antico soffitto. Stesi sulle poltrone, si è rapiti da una visione onirica che parla della povertà e delle emarginazioni vecchie e nuove, un invito alla più profonda riflessione sulla condizione dell’uomo e la vita.

Miracolo a Milano Ambiente per specchi sensibili e Portatori di Storie 2016 Milano, Palazzo Reale

Studio Azzurro. Immagini sensibili è visitabile al Palazzo Reale fino al 4 settembre 2016. Per saperne di più su Studio Azzurro, clicca qui.